Storia del Formaggio tipologie origini e territorio
Storia del Formaggio, tipologie, origini, territorio, formaggi italiani, francesi, greci, olandesi, svizzeri, tedeschi ti piace il formaggio? sei nel sito giusto
Link alla sezione: Storia del Formaggio
i Formaggi:
La storia del formaggio ha origine dall’antichità, ma acquista spessore solo a partire dal Medioevo.
A lungo ritenuti cibo da poveri, a partire dalla seconda metà del Trecento i prodotti caseari entrano a far parte dei piaceri della tavola.
Tra Medioevo ed Età moderna, a riscuotere il maggior successo fu senza dubbio il parmigiano.
Numerose fonti attestano l’uso di ricavare formaggio dal latte: reperti di origine mesopotamica datati III millennio a.C. sono i primi documenti che mostrano le fasi di lavorazione del formaggio, in particolare il “Fregio della latteria”, un bassorilievo sumero che rappresenta dei sacerdoti nell’atto di produrre il formaggio.
Pare che in tale regione l’allevamento degli ovini risalisse a 8-10 000 anni fa, mentre la scoperta del formaggio sarebbe addirittura precedente, risalendo ad epoche in cui gli uomini si limitavano alla caccia ed ebbero la ventura di scoprire del formaggio cagliato negli stomaci dei giovani animali che uccidevano.
Tale uso è sopravvissuto fino a noi in alcune regioni in cui si consuma il formaggio cagliato nello stomaco dei capretti, come nel caso del nuorese Callu de Crabettu.
Testimonianze dell’uso del formaggio si hanno in tutto il mondo antico, sia in Europa, in Africa, e in Asia.
I testi scritti più antichi[, fra cui la Bibbia e gli scritti omerici riportano riferimenti al formaggio. Anche nell’antico Egitto era diffusa la produzione di formaggi, specialmente quello di capra.
Strumenti per la lavorazione del caglio in terracotta sono stati trovati in Italia a Piadena in insediamenti risalenti al neolitico.
La mitologia fa risalire l’uso del formaggio ad Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, che avrebbe insegnato agli uomini l’arte casearia oltre a quella della pastorizia, e dell’apicultura. Inoltre viene menzionata Amaltea la nutrice di Giove, proprietaria di una mitica capra cretese, ricordata anche da Omero, il quale descrive inoltre nell’Odissea la preparazione del formaggio da partedi Polifemo.
Si trattava di un formaggio fresco, messo a coagulare in canestri di vimini.
Ippocrate nel IV secolo a.C. parla delle caratteristiche salutari del formaggio, Aristotele descrive per primo il metodo per ottenere formaggio dal caglio di fico, metodo in uso questo anche fra gli Ebrei a causa della proibizione di consumare contemporaneamente prodotti alimentari animali e caseari.
Il formaggio era considerato un alimento particolarmente adatto agli atleti che gareggiavano alle Olimpiadi.
Particolarmente nelle Alpi occidentali e centrali i Celti svilupparono l’arte casearia sfruttando la transumanza stagionale, soprattutto bovina.
Ai grassi formaggi d’alpeggio si affiancavano gli “stracchini” magri in autunno, dopo il ritorno in pianura.
Nell’Historia Augusta (Ant. Pius, XII,4) si parla di Alpinus riferendosi a una serie di formaggi nelle Alpi occidentali, probabili precursori di Tome, Fontina, Gruyère e Castelmagno.
Si trattava di formaggi stagionati d’alpeggio a prevalenza di latte vaccino, cagliati in origine con erbe montane aromatiche (l’erba detta bettolina dà ancor oggi sapore al bettelmatt).
Il termine celtico alpino è probabilmente riconducibile a *bit[t]u (“durevole”), da cui deriva il nome del bitto valtellinese e il Bettelmatt.
Altre fonti latine (Colum XII 59; Plin N. H. XI 97) citano un formaggio gallicus, capostipite dei formaggi erborinati, che richiama il Murianengo, il Blu del Moncenisio, il Roquefort e naturalmente il Gorgonzola.
Nell’Età del ferro si migliorò il burro, solido e compatto come quello moderno.
I Liguri erano conosciuti per i formaggi freschi quale il “seracium”, di cui resta memoria nel seirass piemontese, e per i formaggi di latte ovino.
Le robiole furono primi esempi di semi-stagionatura ed erano coperte da una crosta rossiccia (dal latino rubeola).
Plinio il Vecchio (XI 42) vanta la qualità del pecorino di Ceva e del “lunensis” (di Luni), forse precursore del Grana e del Parmigiano Reggiano.
Anche i Romani erano produttori e consumatori di formaggio.
Oltre al latte degli ovini cominciarono a adoperare anche quello dei bovini e avevano appreso come stagionarli.
Una sorta di prima classificazione è riferita da Marco Terenzio Varrone che distingue formaggi vaccini, caprini e pecorini, nelle tipologie freschi o stagionati, preferendo quelli ottenuti con il caglio di lepre o di capretto anziché con il caglio di agnello.
Due secoli più tardi Lucio Giunio Moderato Columella descrive il processo di produzione del formaggio e l’uso di vari coagulanti vegetali quali il fiore di cardo e il latte di fico, attribuendo però la preferenza al caglio di agnello o di capretto.
I romani utilizzarono anche lo zafferano e l’acetoper cagliare il formaggio e questa mistura veniva chiamata coagulum.
Per accelerare la stagionatura dei formaggi li misero sotto pressione con dei pesi forati (pressatura).
In una storia così avvincente, però, non può mancare la mitologia. La quale, fa risalire l’uso del formaggio ad Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene.
Quest’ultima avrebbe insegnato agli uomini l’arte casearia, oltre a quella della pastorizia e dell’apicultura.
Sempre la mitologia, tira in ballo anche Amaltea, la nutrice di Giove, proprietaria di una celebratissima capra cretese.
Per quanto riguarda la sua valenza energetica, invece, il formaggio era considerato un alimento particolarmente adatto agli atleti che gareggiavano alle Olimpiadi.
Anche i Romani erano produttori e consumatori di formaggio.
Oltre al latte degli ovini, cominciarono a adoperare anche quello di vacca (usato di rado dai predecessori, in quanto ritenuto nocivo) e appresero come stagionarli.
Una sorta di prima classificazione arriva da Marco Terenzio Varrone che illustra i principali tipi di formaggi consumati nel II secolo a.C. (vaccini, caprini e ovini freschi e stagionati) e nel De rustica documenta come il gusto dell’epoca fosse rivolto ai formaggi ottenuti con il caglio di lepre o capretto, anziché di agnello.
Gli Etruschi perfezionando l’uso di coagulanti di tipo vegetale, come il fiore di cardo e il latte di fico, e le loro tecniche di applicazione.
Quelli di agnello o di capretto, però, incontravano di più.
I Romani, che la sapevano lunga, arrivarono a utilizzare anche lo zafferano e l’aceto.
Inoltre, per accelerare la stagionatura dei formaggi li misero sotto pressione con dei pesi forati (pressatura).
Risale infatti al 58 d.C. il primo formaggio prodotto in Svizzera, come riferito da Plinio il Vecchio, che parla della tribù degli Elvetici.
Gli inglesi, invece, arrivarono più tardi.
Bisognerà aspettare il 120 d.C., sotto l’impero di Adriano.
Virgilio riporta che la razione giornaliera di “pecorino” dei legionari romani era di 27 grammi.
Dal latino “caseus” derivano termini italiani quali “caseificio”, “cacio” (da cui, per esempio, “caciocavallo”), ma anche lo spagnolo “queso”, il portoghese “queijo”, il tedesco “Käse”, l’olandese “Kaas”, il lussemburghese”Kéis”, il romeno “caş”, corso “casgiu”, calabrese e sardo “casu” e l’inglese “cheese” (cfr. il veneto “gratacaxa “grattugia [per formaggio]”).
Da “formaticum” derivano, oltre all’italiano “formaggio”, il francese “fromage”, il termine “formatge” del catalano e dell’occitano e il termine “formadi” del friulano.
La storia del formaggio ha origini antichissime nel bacino del Mediterraneo, in nord Africa e in Asia minore.
La leggenda narra che un pastore avesse messo del latte in uno stomaco di pecora in cui era rimasto del caglio, dove si trasformò in formaggio; probabilmente fu invece determinante l’osservazione delle viscere di animali macellati ancora in fase di allattamento.
Le testimonianze più antiche risalgono al III millennio a.C.
Il più antico reperto ritrovato che testimoni la produzione del formaggio risale ai Sumeri, in Mesopotamia, nel III millennio a.C.
Altri documenti risalenti alla stessa epoca testimoniano la conoscenza dei metodi di lavorazione e produzione del formaggio si possono trovare anche in Egitto.
Per la diffusione del formaggio anche in Italia dovremo aspettare il 1500 a.C. che poi darà origine a famosi formaggi Italiani come il gorgonzola.
L’arte di produrre formaggio è andata sempre più migliorando e affermandosi fra gli antichi Greci e gli antichi Romani.
Nel Medioevo vi fu inizialmente un’involuzione, poiché solo nei monasteri era possibile conservare la tradizione latina, ma nel periodo più tardo i formaggi cominciarono ad essere apprezzati e a comparire sulle tavole nobiliari.
Un trattato sulle qualità nutritive del prodotto fu redatto dal medico ed accademico vercellese Pantaleone da Confienza nella sua Summa Lacticinorum nella seconda metà del Quattrocento.
Le fonti del periodo sono quelle dei monaci e delle abbazie dove il formaggio, ritenuto per lo più un cibo povero, era prodotto e consumato.
I monasteri conservavano le tradizioni latine, per cui avevano mantenuto l’uso di fare formaggio anziché utilizzare il latte per produrre bevande fermentate, come erano soliti fare molti dei popoli discesi nell’impero dopo la sua caduta.
Attorno al rapporto fra Carlo Magno e il formaggio fiorì comunque una ricca tradizione popolare: Eginardo ne parla, descrivendo la perplessità dell’imperatore di fronte ad una fetta di Gorgonzola o di un suo antenato; una delle possibili spiegazioni del nome Castelmagno sarebbe che il sovrano ne era ghiotto (sebbene le fonti attestino che il formaggio venne prodotto solo nel XII secolo).
Le testimonianze sulla diffusione del formaggio nelle tavolate “nobili” iniziano a comparire tra il tardo Duecento e il Quattrocento nei ricettari di cucina, inizialmente come ingrediente di vivande elaborate, ma in seguito esso acquistò dignità, tanto da essere servito come pietanza alla mensa dei papi, ai matrimoni della famiglia de Medici, degli Este che servivano bocconi di Parmigiano e di molte altre personalità.
Trattato sulle sue qualità nutritive del prodotto fu redatto dal medico ed accademico vercellese Pantaleone da Confienza nel Summa Lacticinorum nella seconda metà del Quattrocento.
Le tariffe dei pedaggi e le gabelle comprovano che, a partire almeno dal secolo XIII, formaggi di qualità differenti circolavano sulle strade d’Italia e attraverso valichi alpini, raggiungendo spesso mercati molto lontani dalle zone d’origine.
In questi secoli in Italia i formaggi più diffusi erano fondamentalmente due: il marzolino di origine toscana, chiamato così perché prodotto a marzo, e il parmigiano delle regioni cisalpine, detto anche maggengo perché prodotto nel mese di maggio.
Il Rinascimento, con la sua carica di innovazione, rinnovamento e progresso tecnologico, sociale e artistico, fu un periodo di crescita su tutti i fronti.
Si ampliarono i commerci, le produzioni si allargarono ulteriormente uscendo dal ristretto ambito familiare o del villaggio, le rotte commerciali si intensificarono e con esse crebbe anche la domanda di generi d’ogni tipo.
L’agricoltura e l’allevamento non rimasero esenti da questo processo di rinnovamento: la tecnica si sviluppò ulteriormente, in molte zone venne abolita la pratica del maggese, si diffusero le foraggiere e di conseguenza si incrementarono lo sviluppo dell’allevamento bovino, la produzione cerealicola e quella lattiero-casearia.
Si arrivò quindi al secolo dei Lumi, il 1700.
In questo periodo la scienza divenne protagonista e la rinnovata fede degli uomini nella ragione fu applicata con fervida costanza al progresso delle varie discipline scientifiche.
L’arte casearia e tutta la filiera della trasformazione del latte in formaggio acquistò una sua dignità scientifica, grazie agli studi nel campo della microbiologia.
Lo studioso olandese Antony Van Leeuwenhoek (1632-1723) con la scoperta del microscopio e il danese Emil Christian Hansen (1842-1909) con lo studio sulle fermentazioni industriali e l’utilizzo delle colture pure di fermenti lattici, rivoluzionarono i processi e la filiera e aprirono la strada alla produzione di formaggi di sempre maggiore qualità.
Nel 1865 Joseph Hording, uno dei più famosi produttori di formaggio Cheddar, in Inghilterra ideò e introdusse l’utilizzo del siero acido del giorno precedente per arricchire la popolazione microbica del latte da trasformare in formaggio.
Inoltre lo svedese Gustaf De Laval (1845 – 1913), brevettò un sistema che permetteva la separazione meccanica della crema di latte.
Un’altra grande scoperta che venne applicata alla lavorazione del latte e di conseguenza alla produzione del formaggio fu data da Louis Pasteur (1822 – 1895), il padre della moderna microbiologia: egli introdusse il processo di pastorizzazione (che da lui prese il nome), ovvero un risanamento termico applicato al latte (e ad altri alimenti come la birra o il vino) allo scopo di minimizzare i rischi per la salute dovuti a microrganismi patogeni sensibili al calore, ma senza modificare significantemente le proprietà nutritive e organolettiche dell’alimento.
In questo secolo, quindi, grazie a diversi progressi scientifici, l’attività casearia si trasformò, passando da attività artigianale condotta da una o più persone nella propria bottega o masseria di campagna a processo industriale focalizzato nella nuova struttura adibita a tale scopo, il caseificio.
Il XX secolo continua il processo di aggiornamento tecnologico e aumenta la qualità e la sicurezza igienico-sanitaria del formaggio, per tutelare sempre di più il consumatore, ma le continue norme che limitano pesantemente l’utilizzo di latte crudo e la stessa vendita al dettaglio minano pesantemente la secolare tradizione lattiero-casearia, a scapito soprattutto delle piccole realtà produttive tipiche del territorio.
Nel secondo dopoguerra (1950) nascono le Denominazioni Tipiche e di Origine, mentre le Denominazioni di Origine Protetta (DOP) si sviluppano tra la fine del 1990 e l’inizio del 2000.
Link alla sezione: Storia del Formaggio
i Formaggi:
https://www.ricettiamo.info/29844-2/